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Corresponding Author:
Ragnar Nurkse, Columbia University, New York - USA

A New Look at the Dollar Problem and the US Balance of Payments - Vol. VII No. 1 February 1954

(pp. 46-64)
JEL classification: E40; F10; F30
Keywords: Dollar; Balance of Payments

Abstract

Un nuovo esame del problema del dollaro e della bilancia dei pagamenti degli Stati Uniti

Il notevole cambiamento della bilancia dei pagamenti statunitense durante il 1952-63 sembra aver finalmente chiuso il “dollar gap”. Dati però il livello ancora inadeguato delle riserve monetarie e l’influenza delle spese militari americane e delle continue restrizioni estere alle importazioni in dollari, non si può esser certi di aver raggiunto, neppur ora, un “equilibrio fondamentale”. E la possibilità che il problema del dollaro perduri o si ripresenti a lungo andare non sembra affatto trascurabile, quando si considerano le grandi differenze nelle produttività, nei livelli di vita e – come alcuni esperti hanno sottolineato – nei tassi di progresso. L’Autore attribuisce importanza agli squilibri che potrebbero derivare dal “demonstration effect” dei livelli di vita più elevati, che tende a rendere difficile che i paesi poveri vivano secondo i propri mezzi. Nel XIX secolo questo effetto non aveva un’importanza pari a quella cha ha oggi; ed i salari ed i prezzi erano flessibili. Per tale ragione, una politica commerciale liberale ed esportazioni di capitali dall’economia più sviluppata sono oggi anche più importanti di quel che furono cento anni fa.

Il principio di reciprocità, su cui si basa dal 1934 la politica doganale americana, non offre alcun rimedio al problema dello squilibrio internazionale.

Questo problema richiede riduzioni doganali unilaterali da parte degli Stati Uniti che, per essere efficaci, difficilmente potrebbero evitare di danneggiare qualche industria interna. Ovvero l’Europa dovrebbe sostituirsi agli Stati Uniti nell’approvvigionamento dei terzi mercati; ciò danneggerebbe però, in linea generale, le industrie americane più efficienti anziché quelle meno efficienti. In questi ultimi anni le importazioni americane sono aumentate in misura notevole. Per contro, gli investimenti privati all’estero sono stati pochi e non hanno mostrato alcuna tendenza ad aumentare. Essi sono stati costituiti, per lo più, da diretti investimenti aziendali, che nei paesi poveri tendono, naturalmente, a concentrarsi nella produzione di materie prime per l’esportazione. I prestiti privati all’estero per investimenti pubblici o di pubblica utilità, che prima del l914 rappresentarono la più importante forma di esportazione dei capitali inglesi, sono virtualmente inesistenti. Ad ogni modo, oggi vi sono molte possibilità per il finanziamento internazionale di miglioramenti pubblici nei paesi poveri. Per affrontare il problema del dollaro, è preferibile una ripresa di questo tipo di esportazioni di capitali statunitensi, all’aumento del prezzo in dollari dell’oro. Le riduzioni tariffarie, gli investimenti all'estero e - last but not least - le misure dirette a prevenire la depressione, sono tutte cose desiderabili per se stesse e non solo nei confronti dei conti in dollari del mondo.

 


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